L'AVVOCATO RISPONDE
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IL CAPOTRENO E' UN PUBBLICO UFFICIALE?
Il Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Procura Generale della Repubblica – Corte d’Appello di Venezia – Dott. Luigi Delpino, ha cercato di inquadrare sotto i profili generali gli aspetti penalistici che interessano maggiormente il Personale di Bordo, fornendo soprattutto gli strumenti adeguati.
L’argomento riguarda tutto il personale delle FS. Ha radici lontanissime: tre leggi diverse (una del 1905, una del 1907 e l’ultima del 1912), rimaste in vigore fino al 1985, fissavano, come principio generale, che tutti i dipendenti delle Ferrovie dello Stato, indipendentemente dalle mansioni, erano pubblici ufficiali (in particolare la legge del 1907, che diede origine alle Ferrovie dello Stato e riservò allo Stato stesso la gestione del servizio ferroviario, prevedendo il regime delle concessioni per il passaggio ai privati della gestione di particolari rami del servizio).
Sotto il profilo attivo, il pubblico ufficiale può commettere reati propri, particolari, diversi se non nella fattispecie nella gravità da quelli che può commettere il cittadino comune (come il peculato che è una forma particolare di appropriazione indebita, l’omissione d’atti d’ufficio che è una forma particolare che vale solo per i pubblici ufficiali e per le persone incaricate di pubblico servizio); questi reati sono gravati da una particolare e più specifica osservanza delle norme penali.
Sotto il profilo passivo si aveva quella tutela garantita al pubblico ufficiale, che è stata relativamente attenuata, ma solo formalmente, con la legge del 28/06/1999 che ha depenalizzato i reati di oltraggio; ma non per questo l’offesa a pubblico ufficiale non è reato: è rimasta come ingiuria aggravata dalle qualità pubbliche della persona offesa; l’unica differenza è che mentre prima il pubblico ufficiale faceva una denuncia dell’offesa ricevuta, oggi deve fare una querela, ma la sostanza non cambia. Quindi la qualità di pubblico ufficiale comporta aspetti positivi come godere di una particolare tutela, e aspetti negativi come quelli di dover rispondere di determinati reati che sono previsti esclusivamente per i pubblici ufficiali e per gli incaricati di pubblico servizio.
Tutto questo cambia nel 1985, ma già nel 1981 entra in vigore il nuovo regolamento ferroviario che modifica sostanzialmente le norme di quello vecchio, depenalizzandone in parte le violazioni. Di conseguenza sono state abrogate anche quelle norme che attribuivano a tutti i dipendenti delle Ferrovie dello Stato la qualità di pubblico ufficiale.
Il problema, quindi, va risolto non sulla base di una legge, ma secondo i principi generali che vengono dettati dall’Art. 357 del Codice Penale: “Pubblico Ufficiale è quel soggetto il quale esercita funzioni legislative, giurisdizionali o amministrative”. Al capotreno interessano le funzioni amministrative. Il secondo comma dell’Art. 357 precisa che, tra coloro che esercitano funzioni amministrative, sono pubblici ufficiali quei soggetti i quali o concorrono a formare o a manifestare la volontà della Pubblica Amministrazione, oppure agiscono con poteri particolari, ossia hanno potestà autoritativa, certificativa o ricognitiva, cioè hanno la possibilità di emettere atti dotati di una particolare caratteristica che in Diritto Amministrativo si chiama esecutorietà. Questi sono i soggetti ai quali, in linea generale, il nostro ordinamento riconosce la qualità di pubblico ufficiale.
Venuta meno l’attribuzione generale, il problema non si pone più per coloro che non esercitano funzioni amministrative in senso stretto, e quindi tutti i dipendenti delle Ferrovie dello Stato che hanno soltanto mansioni puramente esecutive o d’ordine non hanno più qualità di pubblico ufficiale.
Il problema si pone, invece, con quei soggetti che in certi casi, nell’esercizio di determinate mansioni, possono svolgere funzioni che rientrano in quelle a cui la legge riconosce un particolare potere, una particolare forza, cioè quella di essere autoritativo e certificativo, cioè quelli che possono emettere provvedimenti autorizzativi, quindi che hanno l’effetto di ampliare la sfera dei destinatari del provvedimento stesso oppure che possono emettere quei provvedimenti che hanno quella particolare forza che è la forza di certificazione, cioè possono fare certificati, possono fare atti con presunzione di certezza, atti ai quali l’ordinamento riconosce una certezza legale privilegiata, ossia hanno per l’ordinamento una credibilità maggiore rispetto agli atti compiuti dagli altri soggetti.
Come detto prima, nel 1981 il legislatore modificò il regolamento di polizia ferroviaria e, in particolare, modificò tutta la parte che riguardava la disciplina degli illeciti: molti di quelli che prima erano veri e propri reati (sporcare i sedili, non esibire il biglietto e rifiutarsi di pagarlo…) vennero depenalizzati e divennero illeciti amministrativi. Ci vuole quindi un soggetto che accerti il compimento dell’illecito, e quell’attività di accertamento ha proprio quella certezza legale privilegiata di cui si parlava prima, ha quella forza particolare di essere creduta a maggior ragione rispetto a quella di chi non ha potere di accertamento.
Ai soggetti ai quali, in attuazione del regolamento del 1981, fu attribuita la potestà di accertare e contestare gli illeciti amministrativi, va riconosciuta, nell’esercizio di quella funzione, la qualità di pubblico ufficiale. Il capotreno può accertare la violazione delle norme in materia di regolamento ferroviario e gli illeciti amministrativi che riguardano la materia ferroviaria, pertanto, quando svolge quell’attività di accertamento, è un pubblico ufficiale.
Al di fuori di quella ipotesi, il capotreno non ha funzioni di amministrazione attiva, non emette né atti autoritativi né atti certificativi, ossia i suoi atti non sono dotati di quella particolare caratteristica che l’Art. 357 del Codice Penale richiede per riconoscere la qualità di pubblico ufficiale, percio’ , in tali casi, non è un pubblico ufficiale, ma resta pur sempre un incaricato di pubblico servizio: èun soggetto che svolge un pubblico servizio e quindi, sotto il profilo della possibile responsabilità, entra in quella categoria di reati dei pubblici ufficiali e degli esercenti di pubblici servizi come possibile soggetto attivo di quei determinati reati. Ovviamente, dal lato passivo, ossia come vittima del reato, gode di quelle stesse garanzie che l’ordinamento riconosce al soggetto che, appunto, esercita un pubblico servizio. Questo vale sia per il capotreno che per gli altri addetti al servizio che hanno funzioni attive, non di mera esecuzione di attività materiali.
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QUAL E' LA RESPONSABILITA' PENALE DAGLI EVENTI PERICOLOSI O DANNOSI CHE POSSONO DERIVARE DALLA CIRCOLAZIONE DEI TRENI?
Il problema è, tutto sommato, di soli principi: concretamente, negli ultimi 50 anni, in Cassazione, si contano solo 3 casi particolari con riferimento al capotreno e al macchinista. La questione riguarda piuttosto i principi generali, perché è in base a questi che vanno risolti tutti i problemi che possono riguardare la responsabilità penale di chi comunque è addetto al servizio ferroviario.
Per capire il meccanismo che nel nostro sistema penale regola la responsabilità nei casi che riguardano il capotreno bisogna prima comprendere due difficili norme: la responsabilità per colpe generali e la responsabilità per omesso impedimento dell’evento.
La responsabilità per omesso impedimento dell’evento è una forma particolare di responsabilità del nostro ordinamento, che è ispirato al principio solidaristico, che impone non solo di astenersi dal violare certe regole, ma impone addirittura comportamenti positivi per aiutare gli altri. Infatti, l’art. 2 della Costituzione impone a tutti i cittadini l’obbligo di solidarietà: lo Stato deve tutelare l’individuo non solo come singolo, ma anche come soggetto sociale attivo, imponendogli quindi l’obbligo di solidarietà.
Tutti hanno l’obbligo di rispettare i propri simili e di fare tutto quanto è possibile per non danneggiarli. Questo principio solidaristico porta a addossare, in determinati casi, ad alcuni soggetti, obblighi positivi. Il nostro Stato pretende non solo che non facciamo del male agli altri ma, in alcuni casi, dobbiamo anche cercare di fare del bene, cercare di evitare che i nostri simili, i nostri concittadini, subiscano dei danni per effetto di quelli che sono nostri comportamenti leciti ma pericolosi. Ecco allora che l’ordinamento impone a certi soggetti di proteggere, di tutelare altri individui: li mette in una posizione particolare, detta di garanzia, per effetto della quale essi hanno l’obbligo di impedire che i beni o le cose di cui si servono possano creare danni ad altri, se non addirittura di attivarsi in maniera positiva per salvaguardare altri soggetti che da essi dipendono.
Il principio di solidarietà e obbligo di impedire determinati eventi si ha in tutti i casi in cui un soggetto deve non solo dare una prestazione alla persona non in grado di tutelarsi che gli viene affidata, ma anche nel caso in cui ci sia un’incapacità di una persona di proteggersi da sola. Ecco alcuni esempi pratici: - chi ha dei figli ha l’obbligo di istruirli, allevarli e curarli; il genitore non ha soltanto l’obbligo di dare da mangiare ai figli, ma il principio di solidarietà gli impone anche l’obbligo di impedire che ai figli possano derivare dei danni finché non sono in grado di difendersi da soli, finché non sono autosufficienti: finché non raggiungono la maggiore età il genitore ha l’obbligo di custodirli e se non lo fa, o lo fa male, ovvero se omette l’impedimento di un evento dannoso per il figlio, ne risponde come se fosse stato lui stesso a causarlo; - quando un genitore vi consegna un figlio, magari solo per una festicciola in casa, vi trasferisce anche la posizione di garanzia che ha e da quel momento, fino a quando il bambino resterà con voi, sarete voi a custodire il bambino e quindi ad evitare che subisca dei danni.
L’obbligo di custodia vale non solo in riferimento a quelle situazioni in cui il rapporto è di carattere naturale, ma anche in tutte le ipotesi in cui il legislatore ha espressamente previsto che un certo soggetto debba impedire il prodursi di un certo evento (art. 2051 del Codice Civile). E per effetto dell’art. 40 secondo comma del Codice Penale, al soggetto che avrebbe dovuto impedire l’evento viene trasferita anche la responsabilità penale, in quanto si fa equivalere il non impedire al cagionare.
Questa situazione si profila non solo nei rapporti tra persone, ma anche in quelli con le cose. In determinate situazioni la posizione di garanzia sorge non per rapporto di custodia di una persona, maanche dal fatto che determinate persone utilizzano dei beni che possono cagionare dei danni ad altri, e questo è il caso che interessa direttamente il capotreno.
L’esercizio dell’attività ferroviaria è paragonabile alla circolazione degli autoveicoli: chiunque ne guida uno mette in movimento un mezzo che può recare danno agli altri, quindi deve fare tutto il possibile per evitarlo, infatti, il Codice Civile pone una responsabilità solidale tra il proprietario e il guidatore del veicolo stesso. Con riferimento a determinate attività che possono cagionare danni fisici ad altri, o momenti di pericolo che possano compromettere il patrimonio altrui, il legislatore prevede situazioni in cui il soggetto che utilizza quel bene risponde come se avesse cagionato l’evento per non averlo impedito.
La materia ferroviaria è proprio quella in cui, più che nelle altre, si fa applicazione dell’obbligo di impedire l’evento, che sorge appunto dal fatto stesso di esser preposti alla gestione di un mezzo che possa essere pericoloso. Chi è responsabile della circolazione del treno, ha l’obbligo di impedire che ne derivi no danni a terzi.
Per chiarire meglio il concetto consideriamo ora un’ipotesi: una persona sale su un treno e lascia aperta la porta, passa un altro passeggero e non la chiude; da quella porta cade giù un terzo passeggero e muore. In questo caso non c’è responsabilità del passeggero che non ha chiuso la porta perché non c’è una norma che prevede che chiunque vede una porta del treno aperta deve chiuderla. Formuliamo ora l’ipotesi che da quel vagone passi il capotreno e veda che la porta è aperta; se omette di chiuderla e da quella porta cade giù un passeggero che muore, ecco che scatta il secondo comma dell’art. 40 del Codice Penale. Il capotreno che ha omesso di chiudere la porta, poiché è il responsabile della sicurezza della circolazione del mezzo ferroviario ed è posto dall’ordinamento in posizione di garanzia rispetto a tutti i passeggeri del treno, per effetto di quel principio per cui non aver impedito equivale ad aver cagionato, risponderà di omicidio colposo.
La prima norma importantissima, di cui bisogna tener conto quando si risolvono problemi che riguardano la responsabilità di persone poste a garanzia di certi veicoli come lo sono i treni, è questo: se nel regolamento troviamo una norma che dice che quel soggetto è garante della sicurezza della circolazione di quel mezzo, automaticamente abbiamo trovato la norma che lo pone in posizione di garanzia rispetto a tutti gli eventi che derivano della circolazione di quel mezzo, e quindi risponderà per omesso impedimento dell’evento di tutti quelle situazioni che derivano dal cattivo funzionamento dei sistemi di sicurezza di quel veicolo.
La seconda norma è quella dell’art. 43 del Codice Penale e riguarda la responsabilità per colpa generale.
La colpa è quella particolare situazione in cui si viene a trovare un soggetto il quale, esercitando un’attività pericolosa ma lecita (ossia un’attività che l’ordinamento consente sia esercitata ma che allo stesso tempo può cagionare dei danni ad altri) non osserva delle regole di cautela specifiche che riguardano quella determinata attività.
Per esempio, il maneggiare esplosivi è un’attività pericolosa e quindi bisogna essere particolarmente cauti; se non si è attenti e l’esplosivo scoppia, ecco che si è stati negligenti: si è violata quella regola di diligenza imposta da quel tipo di manipolazione. Le attività lecite ma pericolose sono tantissime, per esempio la circolazione stradale: quando guidiamo un autoveicolo compiamo un atto lecito ma certamente pericoloso perché può cagionare danno ad altri. Ecco che, allora, dobbiamo osservare certe regole. Un altro campo in cui ci sono regole cautelari da rispettare è quello della sicurezza sul lavoro. Il datore di lavoro non può, secondo i suoi calcoli economici, usare strumenti che costano meno ma mettono a repentaglio il lavoratore; ha l’obbligo, quando organizza la sua azienda, di utilizzare quegli strumenti che rappresentano il massimo delle garanzie possibili per chi le deve poi utilizzare.
L’esercizio di queste attività, anziché essere regolato dalla comune esperienza, è regolato da regole tecniche fissate dallo stesso legislatore: chi si mette alla guida di un veicolo deve rispettare le regole di cautela previste dal codice della strada; le regole di cautela per il datore di lavoro, per chi organizza mezzi o strumenti che possono essere pericolosi per coloro che li utilizzano, sono contenute nelle varie leggi molto dettagliate che disciplinano la sicurezza sul lavoro.
La stessa circolazione dei treni è regolata da una serie di norme che impongono cautele ben precise nella gestione concreta di quell’esercizio, per evitare che si verifichino dei danni ad altri.
La colpa consiste nel violare quelle regole di cautela che l’ordinamento in genere, ma a volte la comune esperienza, pone per impedire determinati risultati.
La Cassazione, nell’obbligo di cautela che deve accompagnare l’esercizio di queste attività, introduce un elemento che finisce con l’essere gravoso per i singoli, ossia dice che quando esistono delle regole di cautela ben precise l’obbligo primario è quello di rispettarle.
Per esempio, la regola di cautela posta dall’art. 142 del Codice della Strada dice che nell’attraversamento dei centri non si possono superare i 50 km/h, però lo stesso Codice all’art. 141 dice anche che in ogni caso, oltre a rispettare qui limiti, si deve comunque mantenere una velocità tale da consentire l’arresto del veicolo al verificarsi di una condizione di pericolo e quindi impedire che si cagioni un incidente.
Il più delle volte la Cassazione non si accontenta del rispetto della regola di diligenza concreta fissata da una singola norma, ma chiede qualcosa in più, e cioè che in ogni caso il soggetto non solo abbia rispettato la regola, ma abbia fatto anche quello che la situazione concreta gli imponeva di fare per evitare che quell’evento pericoloso e dannoso si verificasse.
In altri ordinamenti, come per esempio in Germania, vige un principio diverso, quasi opposto, ossia quello del cosiddetto rischio consentito: se io ho rispettato il limite imposto dalla legge, l’eventuale rischio che resta dopo che è stata rispettata la regola di diligenza è un rischio consentito. Ma nel nostro ordinamento non esiste un sistema di rischio consentito, che garantirebbe l’impunità in tutti i casi venissero osservate le regole tecniche cautelari poste a garanzia del non verificarsi di certi eventi. Questo responsabilizza di più e garantisce al massimo la sicurezza, però espone ad una responsabilità difficilmente controllabile tutti coloro che esercitano quelle attività che possono produrre eventi dannosi o pericolosi ma sono lecite.
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QUAL'E' LA RESPONSABILITA' DEL CAPOTRENO NELLE MANSIONI DI SECONDO AGENTE DI MACCHINA?
La soluzione a questo problema va ricercata nei due principi sopra esposti: responsabilità per colpe generali e responsabilità per omesso impedimento dell’evento.
Nel momento in cui il capotreno prende posto a fianco del macchinista viene posto nella stessa posizione di garanzia del personale di macchina e quindi, proprio in virtù della regola del secondo comma dell’art. 40 del Codice Penale, risponderà per omesso impedimento dell’evento alla pari del guidatore in tutte le situazioni che possono derivare dalla circolazione del veicolo. Ovviamente dovrà essere in colpa, dovrà aver violato una di quelle regole cautelari di garanzia che gli si impongono quando svolge quell’attività.
Le regole di garanzia normalmente sono contenute in vere e proprie norme giuridicamente obbligatorie, tra le quali, oltre alla legge, ci sono anche gli ordinamenti e, soprattutto, i regolamenti interni (disposizioni, circolari, ordini di servizio, ecc.) che, nei rapporti di subordinazione quali sono quelli che esistono tra datore di lavoro e prestatore d’opera, diventano regole di comportamento e di diligenza e che devono essere osservate nell’esercizio dell’attività. La violazione di questi regolamenti interni potrà essere fatta valere come colpa, come negligenza nell’esercizio dell’attività. Inoltre la regola di diligenza nel caso specifico di rapporti di subordinazione si ricava anche dall’ordine concreto.
Durante la circolazione del treno in casi di pericolo il capotreno può dare l’ordine di procedere a vista; in quel momento quell’ordine diventa regola cautelare di chi guida il treno: se non osserva quell’ordine, mettiamo nell’attraversare un passaggio a livello aperto, viola le regole di diligenza e se, per effetto di quella violazione, ne deriva un incidente, risponderà dell’incidente stesso per colpa, e la sua negligenza sarà accertata nel fatto che non aveva osservato quell’ordine che gli imponeva quella determinata cautela in quella situazione particolare. Ma anche procedendo secondo le regole di diligenza si potrebbe essere rinviati a giudizio per colpa, per non aver osservato la diligenza generica che quella situazione imponeva.
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COME SI INTERPRETA LA DISPOSIZIONE NORMATIVA RELATIVA AL CAPOTRENO SUI MEZZI LEGGERI?
La regola generale dice che quando il treno è condotto da un solo agente di macchina il capotreno gli siede accanto nella cabina di guida e, essendo entrambi in posizione di garanzia, rispondono solidariamente della condotta del treno.
La posizione di garanzia presuppone un effettivo controllo della situazione di pericolo. Se non si ha il dominio della situazione di garanzia, non se ne risponde. Finché la situazione di garanzia non è stata trasferita effettivamente, se ne risponde di persona; se ne viene sgravati solo nel momento in cui, di fatto, viene trasferita ad altri. Perché si risponda di mancato impedimento dell’evento, occorre che concretamente, ci si trovi nella possibilità di impedire l’evento.
Di regola, il capotreno deve permanentemente prendere posto in cabina, quindi, di regola, quando sta in cabina, risponde alla pari del macchinista: abbiamo una doppia posizione di garanzia che è uguale per entrambi.
La norma relativa al capotreno sui mezzi leggeri prevede che lo stesso debba espletare le incombenze di sua spettanza nelle stazioni d’origine, di fermata e termine di corsa: questa è una prima deroga all’obbligo di essere all’interno della cabina, e quindi si può allontanare per svolgere le sue mansioni. In quelle situazioni, quindi, lui non avrà responsabilità riguardo alla circolazione. Inoltre, durante il viaggio il capotreno potrà “allontanarsi dalla cabina di guida per svolgere le sue normali incombenze, limitatamente al primo elemento, con le seguenti modalità: sulle linee con blocco automatico … dopo aver preventivamente avvisato il macchinista, il quale potrà rappresentare l’esistenza di esigenze che ne impediscono il temporaneo allontanamento. In caso di guasto alla ripetizione dei segnali in macchina, il capotreno prenderà permanentemente posto accanto al macchinista. Sulle altre linee il capotreno potrà allontanarsi d’intesa col macchinista tenuto conto delle condizioni di circolazione”.
Quindi il capotreno dovrà stare permanentemente in cabina, però la norma prevede dei casi nei quali il capotreno, d’intesa con macchinista, può essere autorizzato ad allontanarsi.
Perché si verifichi la dismissione di responsabilità da parte del capotreno ci si deve trovare in una situazione che corrisponde a quella descritta dalla norma: in una situazione in cui effettivamente il capotreno sia stato autorizzato ad allontanarsi dal macchinista, e se le condizioni di circolazione lo consentivano, nessuno potrà mai addossare al capotreno la responsabilità di quello che si è verificato nel periodo in cui non era, legittimamente, nella cabina di guida. Ovviamente, se il capotreno si allontana nonostante l’opposizione del macchinista, ne risponderà, e a maggior ragione in maniera più grave rispetto alla colpa del macchinista, con la violazione dell’obbligo di non allontanarsi. Anzi, se il macchinista riuscirà a dimostrare che l’evento poteva essere impedito dalla presenza del capotreno, che si è allontanato contro la sua volontà, ne risponderà soltanto il capotreno.
La posizione di garanzia sorge quando si verificano determinati presupposti, ma non basta in astratto ad obbligare il soggetto: il soggetto poi in concreto deve essersi trovato effettivamente nella posizione di impedire quel certo evento. Se il capotreno teoricamente doveva stare in cabina di guida ma legittimamente se ne è allontanato, non ne risponderà, non avrà nessuna responsabilità se l’allontanamento è stato legittimo purché avvenuto nei limiti in cui gli era consentito allontanarsi dalla cabina: se lui, di fatto, non aveva legittimamente possibilità di controllare la situazione e quindi di impedire l’evento, non ne risponde.
Nelle situazioni in cui è legittimato ad allontanarsi, il capotreno non risponderà degli eventi che dipendono dal macchinista o da un vizio di funzionamento della macchina sulla quale lui non aveva possibilità di controllo in quel momento. Viceversa, se l’allontanamento è stato illegittimo, il capotreno ne risponderà e, se il macchinista potrà dimostrare che la situazione di pericolo si è concretizzata proprio per effetto del suo allontanamento, il capotreno ne sarà l’unico responsabile.
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(Seguono alcune domande dei partecipanti all’incontro)
La regola commerciale impone che il passeggero che abbia omesso di obliterare il biglietto prima di salire in treno è sottoposto ad una sanzione amministrativa di L. 10.000 se avverte il personale di bordo, di L. 40.000 se non lo avverte. È’ legittimo ignorare tale norma nel caso in cui il viaggiatore avvisi e far pagare solo L. 10.000 nel caso in cui non avverta?
Di fatto ci sarebbe una degradazione della norma sanzionatoria amministrativa: i fatti lievi sarebbero depenalizzati, addirittura resi leciti, mentre quelli più gravi verrebbero puniti con la sanzione meno grave. Questo non è legittimo. Quando il capotreno svolge le sue funzioni di accertamento di rispetto delle regole di viaggio (accertamento di un illecito amministrativo) è un pubblico ufficiale. Un pubblico ufficiale che omette un atto del suo ufficio risponde d’omissione d’atti d’ufficio (art. 328 Codice Penale), se gli va bene, ma potrebbe anche rispondere di un reato più grave, come l’abuso d’ufficio (art. 323 Codice Penale), in quanto il pubblico ufficiale abusa del suo ufficio per recare ad altri un vantaggio economico (anche se ridicolo). L’abuso d’ufficio è un reato gravissimo, che ha per conseguenza, oltre alla sanzione penale, la perdita dell’ufficio perché comporta l’interdizione dal pubblico servizio e quindi comporta anche la perdita del posto. Non solo non è corretto, ma è addirittura criminale o non far pagare o far pagare di meno. La semplice omissione d’atti d’ufficio può comportare una reclusione fino a sei mesi o una multa fino a L. 400.000. Il cosiddetto “buonsenso” quindi comporta un rischio penale e non un semplice rischio amministrativo. Rispetto alle regole giuridiche non esiste il “buonsenso” o il “pietismo”.
Un grande giurista del passato, Cicerone, diceva che è più pericoloso non rispettare la legge perché la si ritiene ingiusta che una legge che è effettivamente ingiusta, cioè fa più danno alla società consentire al soggetto singolo di stabilire lui che cosa è giusto e che cosa non è giusto, piuttosto che pretendere in ogni caso il rispetto della legge anche se la stessa non è giusta. La legge non giusta si fa modificare, e il cittadino degno di tale nome combatte per modificarla, ma non la viola di sua iniziativa dicendo che, perché la ritiene ingiusta, non è da osservare. Le regole si rispettano non perché vengono imposte dall’alto, ma perché garantiscono i diritti di tutti gli altri, e questa è la democrazia.
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In caso di protezione dei passaggi a livello in degrado tecnologico, è obbligatorio posizionare dei cavalletti? E se la sede stradale è già occupata dal treno, siamo deresponsabilizzati anche se non ci sono cavalletti?
Il Codice della Strada obbliga mettere dei cavalletti, però lo stesso Codice impone al guidatore, in ogni caso, di evitare che si verifichino eventi dannosi o pericolosi. Il guidatore di un autoveicolo, qualora abbia avuto la possibilità ed il tempo di controllare la situazione di pericolo, che ha visto un passaggio a livello aperto senza il segnale in quanto non funzionante e con un treno che ha occupato il campo visivo del P.L. stesso, ha l’obbligo di arrestarsi. Quindi, se il personale del treno ha rispettato fino a quel momento le regole (arresto e marcia a vista a 4 km/h), non ci sono più problemi: la responsabilità sarà esclusivamente del guidatore dell’autoveicolo che invade la sede già occupata. Viceversa, se il treno, violando la regola, ha occupato il campo visivo del P.L. ad una velocità tale che non ha consentito al guidatore dell’autoveicolo di avvistarlo in tempo e di frenare, sarà responsabile del personale del treno.
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Il capotreno deve proteggere il passaggio a livello non funzionante?
La norma del Codice della Strada deve essere integrata dai Regolamenti ferroviari. Bisogna vedere la situazione concreta in relazione all’obbligo di diligenza e la reale situazione del campo visivo della strada. Bisogna cautelarsi adottando tutte le tutele possibili, eventualmente proteggendo il passaggio a livello stesso con le bandiere rosse.
In certi casi l’essere particolarmente accorti può mettere in una situazione di maggiori responsabilità rispetto al normale rispetto delle regole.
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Un capotreno può consentire la partenza del treno in caso di sovraffollamento?
Il capotreno che consente ad un treno di partire con un numero di persone superione a quello della capienza, che è riportata nel certificato che ha abilitato alla circolazione il veicolo stesso, ne risponde di persona: la proprietaria del veicolo, cioè le Ferrovie dello Stato, potrà tranquillamente dire di non aver mai autorizzato la circolazione con un numero superiore. Il limite è sempre quello della sicurezza.
Il veicolo per circolare deve avere un certificato d’omologazione, dove è indicato il numero delle persone che possono prendervi posto. Se ci sono dei dubbi, il capotreno si deve fare esibire il certificato d’omologazione, e la Società ha l’obbligo di farlo vedere. Se sul certificato è scritto che la carrozza è omologata per 60 persone non se ne possono far salire 61.
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Un capotreno può consentire la circolazione di carrozze con impianto di climatizzazione guasto?
Il capotreno che consente di circolare con l’impianto di climatizzazione guasto risponde dei danni cagionati ai viaggiatori e nessuno potrà dire che la Società impone la circolazione di tale veicolo. Se effettivamente la Società lo imponesse, il capotreno avrebbe non solo il diritto, ma l’obbligo di disobbedire perché l’art. 51 del Codice Penale (anche se non vale nei rapporti tra datore di lavoro e dipendenti, ma il principio è sempre quello) dice che, in ogni caso, chiunque esegue un ordine ha non solo il diritto, ma il dovere di sindacarne la legittimità, quindi se l’ordine è illegittimo ed il capotreno lo rispetta, ne risponde come chi lo ha dato.
Se il riscaldamento o il condizionamento non funzionano il capotreno può rifiutarsi di partire, ma se la Società impone di partire lo stesso il capotreno non può rifiutarsi. Allora il capotreno può mettere un cartello sulla carrozza con scritto “Il sistema di riscaldamento / condizionamento non funziona”. Chi entra pur avendo letto l’avviso, si ferma a suo rischio e pericolo, e non può denunciare il capotreno perché preventivamente avvertito.
Il DPR 3/1957 (Regolamento sulla responsabilità civile dei pubblici dipendenti) dice che quando l’ordine non è legittimo, il dipendente che deve eseguirlo può pretendere che gli sia rinnovato per iscritto. Questa norma si applica pure al capotreno.
Il pubblico dipendente che si vede richiedere con un ordine un comportamento che ritiene non legittimo, può pretendere che quell’ordine sia rinnovato per iscritto. Se l’ordine viene rinnovato per iscritto, lo deve rispettare, ma da quel momento in poi delle conseguenze dell’ordine ne risponde esclusivamente colui che lo ha dato. Se l’ordine è palesemente criminale, cioè impone di fare un reato, ne risponde chi lo esegue poiché nessuno può eseguire per ordine un reato. Ma se l’ordine non è palesemente criminoso, cioè non impone un fatto di reato, ed è stato rinnovato per iscritto, delle conseguenze ne risponde solo chi lo ha dato per iscritto. Quindi se si dubita che un ordine sia illegittimo per una situazione di pericolo, si deve farlo rinnovare per iscritto. Se l’ordine non è dato per iscritto o, a richiesta, non è rinnovato per iscritto, si hanno tutti i diritti di non rispettarlo e non si è passibili di nessuna azione disciplinare.
Tutte le norme del Codice Civile dall’art. 2046 all’art. 2055 pongono come limite, per essere deresponsabilizzati, la prova di aver fatto tutto il possibile per aver evitato il danno. Nessuno può mai giustificarsi di aver violato una norma adducendo di ignorare quella regola, quindi nessuno può sostenere di non conoscere le regole. Pertanto ognuno ha l’obbligo di informarsi delle regole che disciplinano l’attività che svolge, qualunque essa sia. Il capotreno ha l’obbligo di informarsi perché è il garante della sicurezza, ed il datore di lavoro ha l’onere di informare i dipendenti sulle norme che regolano lo svolgimento delle attività professionali.
Il Consiglio Direttivo ALPEBO ringrazia Paolo Cazzin per la pazienza e l’impegno con cui ha curato
la trascrizione di questo incontro.